di Tommaso Romano
Relazione svolta
da Tommaso Romano in occasione della Presentazione del volume di Mariolino Papalia
dal titolo “La Casa Notarbartolo. Storia e Tavole genealogiche” nella storica
Sala delle Lapidi del Comune di Palermo il 1° Aprile 2017, con l’intervento e
la Presidenza del Sindaco On. Prof. Leoluca Orlando, dell’Autore del volume e
del Principe F. Notarbartolo
Il volume che ho il piacere e il privilegio di presentare è
dedicato ad una delle “più antiche e nobili”, come la definì il grande
storiografo e araldista, Mango di Casalgerardo, famiglie italiane e illustri
per la storia di Sicilia: i Notarbartolo.
Devo ringraziare il Principe Don Francesco Notarbartolo di
Sciara e Castelreale, Marchese di San Giovanni La Mendola, Capo del Casato,
Amico stimatissimo, Gentiluomo generoso, insieme al Cav. Mariolino Papalia, Cavaliere
dell’Ordine al Merito Civile di Savoia, Guardia d’Onore alle Reali Tombe del
Pantheon, autore del volume che si illustra, dal titolo La Casa Notarbartolo. Storia e Tavole Genealogiche (Antipodes,
Palermo, 2016), per la preziosa opportunità in un luogo così carico di storia memorie
come la Sala delle Lapidi del Palazzo Pretorio di Palermo. Papalia, Presidente
dell’Associazione Chiese Storiche è autore di volumi interessanti: Baioli, Pretori, Podestà e Sindaci di Palermo dal 1300 al 2007; Iscrizioni sepolcrali della Chiesa di
Palermo; Bibliografia Dannunziana; Compagnie Nobili della Felicissima Città di Palermo, ed anche
narratore.
Dire e riassumere dei Notarbartolo e delle loro vicende,
delle biografie dei suoi più significativi esponenti, è impresa che è stata
portata a buon termine dal Papalia con rigore scientifica, amore e verifica
delle fonti, ricchezza di particolari, precise genealogie che si evidenziano
nelle Tavole specifiche. E’ un merito particolare e non solo riservato alla
privata, seppur assai importante, vicenda di una famiglia. E’, in effetti,
l’affresco organico della Tradizione e della Storia che, se non si intersecano
e non si sanno coniugare, rischiano l’indefinita fantasia o al contrario l’arida
proposizione delle pur fondamentali carte archivistiche.
Tutte le grandi Famiglie hanno, infatti, grazie al Mito e
alla Tradizione orale, una Origine che sottovalutare è riduttivo, perché le
fonti sono sempre da considerare nella loro pluralità.
Senza simboli, mitografie, archetipi non avremmo l’Arte, i
Poemi, le Epopee, le Gesta della distinzione regale, nobiliare, cavalleresca,
religiosa che si coniugavano con il Popolo autentico, che non era ancora diventano
massa indifferenziata.
Anche per i Notarbartolo si sono tramandate veraci e radicali
tradizioni, che li farebbe discendere a partire da Nicanore, dal Re dei Franchi
nel 446, e poi con un Wangen, Signore di Andermach, il IX secolo a Gelach, nei
pressi di Coblenza. La famiglia si spostò in seguito in Francia, con il cognome
Angenio, con il titolo di Conti di Alsazia.
Le prove storico – archivistico – documentarie risalgono a
circa 1150 anni fa, riguardo l’arrivo in Italia, con l’Imperatore Ottone (962) del
Capostipite, riconosciuto dai vari rami – Bartolo, Notarius, Cancelliere e
Porta Sigilli, con il compito di registrare gli Atti imperiali.
La famiglia, intanto, espandendosi prese varie dimore in
Toscana, Napoli, Lecce, Umbria, Sicilia. Un Luchino è governatore di Pisa, figlio
appunto di Notarius Bartolo, da qui l’uso del cognome Notarbartolo. A lui si
devono i quattro Rami della Famiglia.
A Napoli i Notarbartolo si imparentarono con le più cospicue
famiglie, a Lecce, con il titolo di Conti, troviamo un Giovanni d’Angenio (di
cui va ricordata, di questa linea, una Regina d’Ungheria) e, finalmente, in
Sicilia, a Catania esattamente, dove la famiglia di parte ghibellina, nel 1296
giunse con Pietro, Segretario del Re Federico III, che ottenne il Feudum e la
Castellania di Polizzi e poi quella di Nicosia. Filippo Notarbartolo con
privilegio dato a Madrid il 13 novembre 1671 ed esecutoriato a Palermo il 16
febbraio 1672, dal Re di Spagna Carlo II viene investito del titolo di Principe
di Sciara, con facoltà di popolare il territorio, cosa che effettivamente fece,
su un latifondo chiamato Broccato nel ‘500 appartenente a Lorenzo Barone di
Gummaro, con il mero e misto imperio.
Il primo Principe di Sciara sposò Anna Sandoval (il cui
cognome è ora pure patrimonio di Don Francesco) Paceco Filangeri di Diego 2°
Principe di Castelreale e di Antona Filangeri e Papè. Filippo fu Deputato del
Regno nel 1680 e, come si legge nel volume di Papalia, “si aggiudicò,
dall’eredità di Giuseppe Notarbartolo, il feudo di Sichechi, di cui fu
investito il 12 maggio 1682 (Registro Cancelleria, V indizione, fg. 64). Il
figlio di Filippo, Gaspare Notarbartolo Sandoval s’investì, il 1° luglio 1705,
del Principato e Terra di Sciara. Gaspare sposò Francesca Grimaldi di Genova
(famiglia da cui gli attuali Principi di Monaco), in seconde nozze Giovanna
Sarzana e Tagliavia. Da loro Francesco Paolo Notarbatolo e Pilo; Filippo Notarbartolo
De Gregorio, Francesco Paolo Notarbartolo e Vanni, Giovanni Notarbartolo
Ballesteros che sposò Giulia Pignatelli.
L’ottavo Principe di Sciara fu Filippo Notarbartolo e
Pignatelli che nacque a Palermo il 31 gennaio 1851 e sposò l’11 giugno 1892,
Francesca Tortorici e Stabile, il quale con D.M 6 maggio 1900, ebbe
riconosciuti dal Regno d’Italia i titoli di Principe di Sciara e di Castelreale
e di Marchese di San Giovanni. Dal matrimonio nacquero Giovanni (1889), Giulia
(1896) sposata con Giuseppe De Spucches Duca di Caccamo, figlio di Antonio
Principe di Galati e Francesco Paolo (1903).
Va ricordato che la Zisa fu, palermitana per 200 anni,
proprietà dei Sandoval. Juan Sandoval e Paceco nel 1809 la eredita da Francesco
di Paola Notarbartolo e Pilo, discendente del ramo collaterale dei Sadoval, che
tennero il maniero fino al 1951. Nel 1955 il castello fu espropriato
dall’Assessorato Pubblica Istruzione della Regione Siciliana. Crollata un’ala dello
stesso, nel 1971, fu finalmente restaurato dell’architetto Giuseppe Caronia,
nel 1991. La toponomastica cittadina ricorda “Villa Notarbartolo”, adiacente
Piazza Zisa, mentre lapidi sepolcrali dei Sandoval e Notarbartolo, si possono visitare
nella collegata Chiesa di santo Stefano Protomartire alla Zisa, già
dell’Annunciazione.
Il Principato di Castelreale proviene quindi da Giovanni
Sandoval e Platamone, che ebbe concesso per sé, suoi eredi e successori, il
titolo di Principe, sul fondo rustico sito in Palermo nella terra appunto prima
ricordata intorno alla Zisa, chiamata Castelreale, per popolarla entro 10 anni.
Il Privilegio fu concesso dal grande Re Carlo III di Borbone, datato Madrid 13
giugno 1672, e fu esecutoriato il 4 febbraio 1673.
A Giovanni Sandoval, successe Diego e poi Antonio Sandoval
Filangeri, Giovanni Diego Sandoval e Mira, Giovanni Antonio Sandoval Conte di Naso
(1879 – 1809), il quale non avendo figli, diede diritto a Francesco
Notarbartolo e Pilo, Principe di Sciara, di essere investito del titolo di
Principe di Castelreale (26 aprile 1809), tale diritto pervenne al Notarbartolo
da Anna Sandoval, sua bisava”.
I Notarbartolo furono pure Pari del Regno e Grandi di
Spagna.
Vorrei, brevemente, ancora citare in ordine crescente e per
data, i titoli nel tempo spettanti ed ereditati dalla Famiglia Notarbartolo:
Signori di Carciulla, con Francesco Notarbartolo di Villarosa (1788); Signori
di S. Giacomo con Francesco Notarbartolo e Zani (1784); Baroni di Garba con
Francesco Notarbartolo Giacchetto (1725); Baroni di Bombinetto con Francesco
Notarbartolo (1674); Baroni di Sichechi con Giuseppe Notarbartolo (1628); Baroni
di Vallelunga con Vincenzo Notarbartolo (1568); Baroni di Carcaci con Pietro
Notarbartolo (1646); Baroni di Zandro con Placido Notarbartolo (1771); Conti di
Priolo sempre con Placido Notarbartolo (1785); Marchesi di San Giovanni con
Francesco Notarbartolo (1785); Marchesi di Maraelio con Giovanni Notarbartolo
(1772); Duchi di Villarosa con Placido Notarbartolo (1770); Principi di Furnari
con Francesco Notarbartolo (1844); Principi di Sciara con Filippo Notarbartolo
(1671); Principi di Castelreale con Francesco Notarbartolo (1809). Altri titoli
minori, come si evince dal volume di Papalia, appartengono al patrimonio
storico-genealogico della Famiglia.
Come si è accennato, dal capostipite Luchino Notarbartolo si
è dato origine a quattro rami familiari: Linea dei principi di Sciara e
Castelreale, Marchesi di san Giovanni, da Filippo (1671) all’attuale Capo
Famiglia, Principe Don Francesco Saverio (1833). La linea dei Principi di
Furnari con Francesco (1844), da cui, oggi, Alberto (1934); la linea dei Duchi
di Villarosa con Placido (1770), da cui, oggi, Carlo (1933); la linea dei Conti
di Solandro con Filippo (1820), da cui oggi Filippo (1948), che ha sposato in
prime nozze Coralie, figlia del Principe Don Gaetano Hardouin Ventimiglia di
Belmonte, nipote di d’Annunzio, che fu consigliere comunale fra questi banchi.
L’attuale XI Principe di Sciara, VIII Principe di
Castelreale e VIII Marchese di San Giovanni la Mendola, Don Francesco Saverio è
nato – come racconta lo stesso al Papalia nel libro – nelle stanze di Porta
Nuova di Palermo: “Era il 15 gennaio 1933, una domenica, alle ore 19.25,
primogenito di papà Gaetano, X Principe di Sciara e Castelreale e Marchese di
San Giovanni La Mendola (per successione al cugino Francesco), di mamma
Nicoletta Scipioni Cianci Leo di Sanseverino figlia del Senatore del Regno,
Generale di Capo d’Armata Scipione Scipioni, la nobile Adele. Tale, inconsueto,
luogo fu dovuto al fatto che a mio nonno, Generale Comandante la Piazza della
Sicilia, furono assegnati due alloggi: uno proprio a Palazzo Reale, l’altro a
Villa Igiea; però lui accettò quello di Palazzo Reale. Mia madre essendo molto
affezionata a mio padre, chiese di potere stare con lui e quindi il parto
avvenne in quelle stanze”.
Il Principe Giovanni (Palermo 1894) padre di Don Francesco
Saverio, muore a Palermo nel 1971. Era stato ammesso nel SMOM nel 1946, ed ebbe
quattro figli: Francesco Saverio, Maria Giuseppina, Filippo e Adelaide. Don
Francesco sposa alla Cappella Palatina nel 1954 Donna Giovanna Maria Balletti e
hanno tre figli: Nicoletta, Gaetano e Donatella. Donna Giovanna Maria, in arte
Ketty di Sciara, è artista di livello internazionale, fu prediletta da Giorgio
De Chirico, ha esposto in tutto il mondo con successo di critica e pubblico ed
in particolare a Parigi dove è molto apprezzata. E’ inserita nel più celebre
fra i dizionari d’arte, il Benezit. Don Francesco, laureatosi in Giurisprudenza,
che ha voluto e patrocinato il volume, così ben curato dal Cav. Papalia, è
sempre rimasto fedele alla tradizione di famiglia, impegnandosi nel sociale con
prestigiosi incarichi pubblici: la Vicepresidenza e il Reggimento Vicario dell’Istituto
Francesco Paolo Gravina P.pe di Palagonia, presso l’Albergo delle Povere, in
Corso Calatafimi, il cui fondatore, fra l’altro, è lontano antenato dello
stesso Principe.
Uomo onesto e generoso, sempre pronto a spendere il Suo nome
illustre per il bene comune, l’attuale Principe si è impegnato sul piano civico
, meritando larghi consensi. E’ Cavaliere di Gran Croce di Giustizia del Sacro
Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio dei Borbone Due Sicilie, nel ramo
detto “spagnolo”, che ha quale attuale Gran Maestro S.A.R. il Principe Don
Pietro. A Don Francesco si devono, inoltre, molte iniziative culturali e
benefiche.
Tali valori sono patrimonio storico e morale che Egli
trasmette costantemente ai suoi figli.
Sarebbe impossibile e volentieri rimandiamo al libro di
Papalia (che ha – fra l’altro – uno splendido ed esclusivo “corredo”
fotografico e documentario), accennare ai personaggi di Casa Notarbartolo e
ancor più impervio alle varie alleanze matrimoniali, alcune già citate.
Ricorderò soltanto, oltre i già menzionati, Vincenzo 1° Signore della Gulfa, il
cui monumento funebre è in Polizzi Generosa nella Chiesa Madre; Ugo, Cavaliere
SMOM (1588) Governatore del Monte di Pietà di Palermo, Senatore (1606 -07) per
il quartiere della Loggia, Capitano di Giustizia (1608 – 09), Maestro Portulano
del Regno e Visitatore Generale; Giovanni, III Barone di Sichechi, Giurato e
Capitano di Giustizia a Polizzi; l’Abate Gioacchino (1175 – 1862); il gesuita Pietro
(1561 – 1632); il Barone di Carcaci Pietro (1610 – 1651) Capitano di Giustizia
e Giurato di Termini Imerese; il 3° Barone di Carcaci Pietro (1674 – 1716),
Colonnello del Regno di Spagna e Governatore della Città di Marsala, con lettere
Patenti del Re Vittorio Amedeo di Savoia Re di Sicilia del 14 luglio 1714;
Ugone (1700 – 1762) 1° Marchese di Buonfornello, Capitano dei Granatieri,
Superiore della Congregazione dell’Annunziata di Casa Professa e Deputato dell’Albergo
dei Poveri, che sposerà Anna Santostefano della Cerda; Francesco Paolo IV
Principe di Sciara e I° Marchese di San Giovanni La Mendola e I° Principe di
Castelreale (Termini Imerese 1777 – Napoli 1823), Gentiluomo di Camera, Cavallerizzo
di S.A.R. il Duca di Calabria e Cavaliere di San Gennaro; Francesco Paolo (1806
– 1884), Consigliere Provinciale nel 1845, Presidente del Consiglio Provinciale
di Girgenti (1856) e di Trapani (1858), Gentiluomo di Camera di Re Francesco II
delle Due Sicilie Cavaliere di Malta e di San Gennaro, che sposerà a Palermo,
nel 1855, la Principessa di Cutò Nicoletta Filangeri Pignatelli (1799 – 1864)
vedova, ma dopo non felice matrimonio e separata da tempo, del principe
Francesco di Paola Gravina di Palagonia, sant’uomo e benefattore, Pretore e
amministratore di Palermo, oggi Servo di Dio.
Pur essendo i Notarbartolo, famiglia con molti esponenti unitari
nel periodo del Risorgimento, come il volontario garibaldino Emanuele di cui si
dirà, va ricordato – come scrive il Papalia - che i due coniugi Francesco Paolo
e Nicoletta, vollero seguire l’ultimo Re delle Due Sicilie in esilio a Parigi,
dove moriranno. Non ebbero figli e il titolo passò al fratello Giovanni
Antonio.
Certamente assai ben noto dai palermitani, almeno dalla
toponomastica che lo ricorda con una importante arteria cittadina, è il primo vero
martire ucciso dalla mafia: Don Emanuele Notarbartolo di S. Giovanni, dei
Principi di Sciara, nato a Palermo il 23 febbraio 1834 assassinato a Trabia il
1 febbraio 1893, figlio di Leopoldo Notarbartolo, 5° Principe di Sciara e di
Maria Teresa Vanni.
Uomo onesto, integerrimo, perseverante e battagliero, visse
in gioventù all’estero: Parigi, Londra, Bruxelles, poi a Firenze, divenendo
amico dei rampolli Lanza di Trabia e di Scalea e di Mariano Stabile, personaggi
nodali della successiva vita politica palermitana. Liberale con Francesco Lanza
di Scalea, Emanuele, nel 1859, entrò nell’esercito sabaudo del Regno Sardo e
partecipò all’impresa dei Mille. Dopo molte vicessitudini rientrò a Palermo e
nel 1865 sposò Marianna Merlo dei Principi di Santa Elisabetta e quindi svolse attività
politica. Fu esponente della Destra Storica moderata, e Sindaco Antonio
Starrabba di Rudinì, fu nominato Assessore.
Nel 1869 fondò e diresse il “Corriere Siciliano”, da cui si
dimise per entrare nel consiglio di Amministrazione dell’Ospedale di Palermo,
poi divenendone il Presidente: ne migliorò le strutture, raddoppiò i posti
letto, sanò le finanze. Fu eletto Sindaco di Palermo, e rimase in carica dal 28
settembre 1873 al 30 settembre 1876: fra le sue opere principali. la posa della
prima pietra del Teatro Massimo; il prolungamento della via Libertà da Piazza
Alberico Gentili a Villa Pajno; la costruzione del cimitero dei Rotoli, e l’avvio
del nuovo Porto di Palermo. Nel 1876 fu Direttore Generale del Banco di Sicilia,
fino a febbraio 1890, compito che svolse con onestà e grande competenza
amministrativa. Istituì i concorsi fra le Società Operaie di Mutuo Soccorso,
aiutò la Cassa dei Piccoli Prestiti per gli operai, sviluppò la Cassa Nazionale
di Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, creò le cucine economiche
durante le epidemie di colera del 1855. Fu costretto a lasciare il Banco di
Sicilia nel 1890 per le trame ordite alle sue spalle di uomo libero e legalitario.
Fu successivamente sequestrato. Fece grandi rivelazioni sugli intrecci politici
– finanziari che coinvolsero il deputato Raffaele Palizzolo e altri fu assassinato
nel 1893 a Trabia mentre viaggiava in treno.
Questo fu certamente il primo delitto eccellente della
mafia.
Un Suo busto, opera di Antonio Ugo, è posto al Palazzo delle
Finanze già sede del Banco di Sicilia e uno, di Mario Rutelli, nelle stanze del
Palazzo delle Aquile del Comune. Una lapide funebre si trova accanto a quella
dei genitori a S. Stefano alla Zisa. Don Francesco, presentando il volume di
Papalia, scrive giustamente che “Palermo ha visto immolarsi il miglior figlio
della Sua città (…) ucciso dalla mafia per il solo e unico “delitto” di aver
tentato di risanamento del Comune e del Banco di Sicilia, e che purtroppo è
stato da tutti dimenticato. Ma la storia è fatta di corsi e ricorsi e chissà,
forse un giorno, ci si ricorderà di Emanuele e si saprà dare il giusto valore
al Suo sacrificio”.
Parole vibranti queste del Principe Francesco, alle quali
tutti certamente ci associano, sicuri che si possano ricondurre agli auspici di
tanti che chiesero e chiedono verità e giustizia per Emanuele Notarbartolo, a
cominciare da Napoleone Colajanni e Alessandro Tasca Filangeri di Cutò.
Resta pure un volume scritto nel 1911 di Leopoldo
Notarbartolo, figlio di Emanuele, corretto fra il 1916 e il 1936 e stampato, in
prima edizione, in solo 200 copie, a Pistoia nel 1949. Una lettura illuminante,
che l’editrice Novecento ripubblicò meritoriamente, con il titolo La città
Cannibale. Il memoriale Notarbartolo, nel 1994.
L’occasione felice del libro di PAPALIA sui NOTARBARTOLO è
veicolo ulteriore e prezioso per ripensare alla Storia intesa come magistero
della vita, individuale e sociale, per non dimenticare, per consegnare intense pagine
vive del passato delle famiglie, le biografie – le scritture della vita, non lo
dimentichiamo, sono indispensabili – di un’intera comunità che ci si possa
continuare ad essere civile.
Sono stato compagno di scuola a Roma di Massimo Notarbartolodi Villarosa che abitava a viaSavoia. la mia mail è faustodelongis@gmail.com
RispondiEliminaSbalorditivo.sono sincero amico dell'unico artista ancora in vita Giuseppe Notabartolo,di Villabate.presumilbilmente discendente di questa illustre famiglia.
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